lunedì 7 dicembre 2015

Storia del Fronte Nazionale francese.


 
Dall’ Algérie française all’antiglobalismo

Il Front National francese.

Del Front National il grande pubblico italiano in realtà sa poco o nulla. Chi sono e cosa vogliono? Sono antieuropeisti e chiedono meno immigrazione. Ma danno voce a un ceto medio declassato e ad una classe operaia impaurita che non si sente protetta dai governi. Temuto, demonizzato e ostracizzato, non sarà inutile, allora,  tracciare la storia del Front National (FN) a partire dalla fondazione del movimento che è l’organizzazione di riferimento della destra sociale francese da oltre quarant’anni. Innanzitutto devo premettere che le radici “lontane” del Front National affondano nei Cercle Proudhon, che s’ispiravano al sindacalismo rivoluzionario di Georges Sorel (1847 – 1922), nel Parti Populaire Français di Jacques Doriot (1898 – 1945) e nel Rassemblement National Populaire di Marcel Déat (1894 – 1955), da un lato, nella Repubblica di Vichy, dall’altro. Mentre per quel che concerne le radici “prossime” esse partono dalla candidatura di Jean-Louis Tixier Vignancour (1907 – 1989), alle presidenziali del 1965. Tixier Vignancour era stato l’avvocato difensore del generale ribelle Raoul Salan (1899 – 1984) dell’OAS, ossia dell’Organisation de l'armée secrète, e, cioè, l’organizzazione clandestina il cui slogan era “L'Algérie française” e che si oppose all’indipendenza del paese nordafricano.  Nonostante l’insuccesso elettorale di Tixier Vignancour, i cui consensi arrivarono soltanto al 5,2 %, venne gettato un seme che germogliò sette anni dopo. Infatti, il 5 ottobre del 1972 nasce il Front National su iniziativa dei dirigenti di Ordre Nouveau, formazione nazionalista – rivoluzionaria nata nel ’69 come filiazione di Jeune Nation e Occident, movimenti sciolti dal Ministero dell’Interno per ragioni di ordine pubblico.perciò, ON, che al suo apogeo conta 5000,  dal 1971 opta per la partecipazione elettorale. Il risultato deludente delle municipali parigine di quell’anno induce ad un ripensamento strategico e, nel biennio successivo, si intensificano i contatti con le altre componenti della destra radicale (i nazionalisti antiatlantici nell’orbita del mensile “Militant” e del Parti de l’Unité française, i conservatori cattolici e i  reduci di Vichy e dell’Algeria). L’obiettivo è il varo di una federazione che, a partire, dalle legislative del 1973 emuli i successi del Movimento Sociale Italiano, che, proprio nel maggio di quell’anno aveva ottenuto il suo maggior risultato elettorale di sempre, con l’8,7% alla Camera e il 9,2% al Senato. E, sempre dall’MSI italiano venne mutuata la fiamma tricolore quale simbolo del movimento. Alla presidenza del FN viene scelto, nel dicembre del ’71, Jean-Marie Le Pen. Ritiratosi dalla vita politica e considerato dai dirigenti di ON un moderato e un legalista, la designazione di Le Pen nonostante la sua indubbia appartenenza al mondo della destra radicale (poujadismo, antigollismo, tixierismo e frequentazione del Centre National des Indépedendants e Paysans) avviene nell’ottica del compattamento della destra nazionale francese. Le Pen viene affiancato da un vice presidente (François Brigneau) e da un segretario generale (Alain Robert), appartenenti a ON, oltre che Pierre Bousquet, nominato tesoriere. Nel ’73, in seguito al fallimento del FN alle legislative del 4 marzo (o,52% dei voti, presentando 115 candidati, la metà dei quali nella regione parigina) fuoriesce la componente di ON che continuerà ad esistere fino allo scioglimento, decretato dal Consiglio de ministri il 24 giugno per ragioni di ordine pubblico. Questa defezione causò nel FN la rottura dell’esperienza collegiale di ON e prese quota un’impronta presidenziale. Nonostante ciò la figura di Le Pen non riuscì ad attrarre l’elettore medio (0,74%) alle presidenziali del 1974 (candidatura, quella di Le Pen, sostenuta soltanto dal settimanale pétainista “Rivarol” e dai “Cahiers européens” dell’esponente nazionalista rivoluzionario François Duprat). Duprat (1940 – 1978) è uno storico e intellettuale militante  nazionalista – rivoluzionaria che ha avuto un ruolo cruciale nei primi anni del FN essendo stato l’estensore, nel ’71, del manifesto Pour un FN e, poi,  l’artefice del programma. Alla frammentazione dell’area politica contribuiscono anche la candidatura del monarchico Bertrand Renouvin, di Jean Royer alle presidenziali del ’74, e l’appoggio del periodico “Minute” e degli ex di ON a Valéry Giscard d’Estaing. Mentre, nello stesso periodo, il Parti des forces nouvelles (PFN), iniziativa elettorale dei reduci di ON, ingaggia con un FN debole, diviso, indebitato e privo di ampia militanza, una gara di visibilità. E, la prima affermazione della presidenza di Le Pen, insidiata dalle ambizioni di Alain Robert (ON), avviene non in un passaggio congressuale e in virtù del carisma dell’acclamazione, ma attraverso un contenzioso giudiziario sull’uso del nome e del simbolo. Inoltre quattro elezioni si risolvono in un fallimento: dalle legislative del 1978 (0,33% dei voti) alle europee del ’79, alle presidenziali dell’81 e, infine, alle legislative dell’81. Era andata, alle legislative del ’78, leggermente meglio a Le Pen che, nel quinto collegio parigino, ottenne un 3,9% comunque inutile ai fini dell’elezione. Contemporaneamente si verificano, il 18 marzo del ’78, la morte violenta e mai chiarita di Duprat, a cui segue un’emorragia di militanti che Le Pen non riesce a tamponare, e l’ascesa ai vertici di Jean Pierre Stirbois, leader dei gruppo dei “solidaristi”.  Dunque, il FN, fino al 1984, non va mai oltre lo 0,74% dei voti su scala nazionale. E, in generale, la destra radicale riesce a varcare la soglia dell’1% in un unico caso:  alle europee del ’79, quando l’Union Française pour l’Euro – droite, rappresentata da Tixier Vignancour e sostenuta dai rivali del Parti des forces nouvelles, ottiene l’1,3%. Il cartello elettorale della destra radicale realizza, quindi, un leggero progresso rispetto alle performance abituali dell’area politica. La parabola discendente è, poi, confermata quando, nel 1981, Le Pen non riesce ad ottenere le 500 firme per il patrocinio della candidatura alle presidenziali e dal magro bottino dello 0,18% alle legislative. Anche se una prima, lieve inversione di tendenza si era verificata alle cantonali del ’79, quando Jean Pierre Stirbois raccoglie a Dreux il 10%. Questo dato è confermato alle cantonali dell’82, quando, a Dreaux – Ovest, Stirbois raccoglie il 12,6% dei suffragi, mentre a Dreaux – Est la coniuge Marie – France raccoglie il 9,6%. Questa lieve inversione di tendenza prosegue alle municipali del marzo ’83. In alcune città, i candidati frontisti erano entrati in liste civiche e alcune alleanze con la destra moderata erano valse il 5% in una ventina di centri con più di 9.000 abitanti. Altro risultato degno di nota è l’elezione di Le Pen a consigliere nel ventesimo arrondissement parigino, grazie all’11,3% de voti. E, a proposito di Le Pen, parallelamente a questa creascita, comincia, all’interno del movimento, quella riorganizzazione che consoliderà, nel tempo, le centralità della presidenza di Le Pen. Riorganizzazione che, a ben vedere, era già iniziata dopo le defezione della componente di ON. Quando il presidente, praticamente inamovibile per statuto, era stato posto sulla sommità di una struttura ipercentralizzata che, nel nome delle procedure e degli organismi (Congrés, Comité Central, Bureau Politique), ricalcava quella del MSI italiano. Il circolo virtuoso per il FN inizia nel 1983 quando, ancora a Dreux, il 4 settembre, la lista del FN, guidata da Stirbois, ottiene il 16,7% al primo turno delle municipali. Stirbois, che ha condotto una campagna dai forti accenti anti – immigrazione, raggiunge una accordo con la destra gollista e liberale dell’RPR e dell’UDF. Per cui, l’11 settembre la coalizione di destra sconfigge il sindaco uscente Fraçoise Gaspard. Altri due risultati indubbiamente salienti sono quelli di Aulnay – sous – Bois, il 6 novembre, in occasione di una municipale suppletiva e quello della legislativa suppletiva di Auray, l’11 dicembre. Mentre, a distanza di sei mesi, si verifica il primo risultato significativo su scala nazionale. Alle europee del 17 giugno 1984, la lista Front d’opposition nationale pour l’Europe des patries ottiene oltre due milioni di voti che le valgono l’11% dei suffragi e 10 seggi. Questo innegabile balzo in avanti è dovuto alla comparsa di nuovi temi elettorali quali il lancio, nel giugno 1982, da parte dell’esecutivo socialista, del primo piano di austerità che aveva comportato il blocco dei salari; l’immigrazione el’insicurezza. In particolare dopo le europee del giugno 1984, il FN prende pienamente in carico il problema dell’immigrazione. Temi che conquistano la centralità nel dibattito pubblico presso la destra moderata ma anche tra i socialisti (il 5 settembre 1984, il Primo ministro socialista Laurent Fabius dichiara, su Antenne 2, che “Le Pen dà cattive risposte a buone domande” ) e, persino, nei comunisti. E, in particolare, si pensi all’equazione immigrazione – insicurezza. Sempre, nell’84, il 13 febbraio si ha la consacrazione carismatica di Le Pen, in occasione della sua partecipazione all’Heure de vérité, trasmissione serale di Antenne 2. Parallelamente, cresce il radicamento territoriale del FN. A partire dal caso di Dreux, laddove i coniugi Stirbois sono lentamente riusciti a costruire una posizione elettorale, attraverso un intenso lavoro di radicamento ed uno sforzo di mobilitazione. Grazie a questo legame con il territorio, nel 1989, Marie – France Stirbois prevarrà con il 61,3% ad una legislativa suppletiva. Aggiudicandosi un seggio parlamentare in una competizione uninominale, compie un’impresa che, nella storia del FN, è stata eguagliata solo da Yann Piat (1988), Jean – Marie Le Chevallier (1997), Marion Maréchal – Le Pen e Gilbert Collard (2012). Tra l’altro nell’evento del 16,7% raccolto da Stirbois nelle municipali suppletive del 1983, c’è un dato politico originale: al secondo turno, il FN stringe un accordo on la destra moderata – liberale RPR/UDF e ottiene così sette consiglieri ed entra nella giunta municipale. Successivamente, alle elezioni cantonali del 1985, il FN dimostra di non essere il frutto di una protesta passeggera, apre le liste a personaggi esterni ed a militanti insoddisfatti dell’RPR e dell’UDF, presentando candidati in ben 1521 cantoni e su 2044 e l’esito è positivo: 8,8%.  La stessa politica di apertura delle liste viene riproposta per le legislative del 1986 e il FN invierà 35 deputati all’Assemblea nazionale, grazie al sistema proporzionale. E, nel contempo, la “coabitazione” del governo gollista di Jacques Chirac con il presidente socialista François Mitterrand consente al Fn di presentarsi come unica vera opposizione non solo ai socialisti e ai comunisti ma, anche alla destra moderata e liberale. A partire da quel momento il FN enfatizza il proprio ruolo di partito di protesta. Una strategia che consente a Le Pen di arrivare al massimo storico in occasione delle presidenziali del 1988 quando ottiene il 14,4% e in 124 circoscrizioni su 555 Le Pen supera i candidati della destra moderata e liberale (Chirac e Raymond Barre). Perciò, il potenziale elettorale frontista diventa essenziale per la destra moderata e liberale . Infatti, alle legislative del mese successivo (questa volta di nuovo con il tradizionale sistema maggioritario a doppio turno), pur arretrando sensibilmente rispetto alle presidenziali (9,5%: -4,9%), soprattutto a causa dell'elevato astensionismo, la majorité realizza un accordo con il FN. Nella regione marsigliese, dove il FN è particolarmente forte, i moderati e liberali ritirano i propri candidati in 8 circoscrizioni a favore del candidato del FN e il Front ricambia in altre 8. Questo accordo, il primo alla luce del sole dopo Dreux, rappresenta una vittoria politica per il FN: finalmente è stato accettato, apertis verbis, dalla destr moderata e liberale ed ha ottenuto una legittimità come potenziale partito di governo, cosa che Le Pen ricercava fin dal primo programma elettorale del 1973.  È però una vittoria di Pirro perché solo in un caso viene eletto un parlamentare frontista. Gli elettori moderati si rifiutano, infatti,  di sostenere un candidato frontista, mentre gli elettori frontisti si rivelano molto disciplinati. Le elezioni presidenziali del 1988 rappresentano uno degli apogei delle fortune elettorali del FN. La capacità di attrazione sull'elettorato gollista, nazionalista e conservatore, infastidito dalle aperture di Chirac sia sul piano interno (modernizzazione e liberalizzazione) che su quello internazionale (europeizzazione e inefficace difesa del prestigio della Francia) sembrano garantire al Front  un ruolo sempre più rilevante nel sistema partitico francese. Inoltre il FN procede nella sua marcia verso la “nazionalizzazione del consenso”, cioè una diffusione dei suffragi omogenea sul territorio nazionale, e il radicamento organizzativo. A proposito di quest’ultimo, si deve accennare al compimento della riorganizzazione del partito nel 1988 che incardina i comitati elettorali dipartimentali in una struttura politica gestita in modo verticistico. Per cui alle elezioni municipali del 1989 il FN riesce ad essere presente in 143 città  sulle 219 sopra i 30.000 abitanti, in 214 sulle 390 tra 20 e 30.000 e in 306 sulle circa 900 tra 2.000 e 9.000. Il risultato delle urne permette al FN di impiantarsi localmente: dai 211 consiglieri eletti nel 1983 passa a più di 1.000. E, soprattutto, questa volta il Front ha corso da solo contro tutti, senza stringere nessun accordo. Un passaggio importante nelle vicende del Fn è il congresso di Nizza (1990). Per la prima volta si tiene un Congresso per delegati (benché aperto anche a molti militanti), con una partecipazione molto estesa (circa 1600 persone); ma soprattutto viene lanciata una nuova strategia, ben più ambiziosa di quelle precedenti: solo il Front si erge come contraltare al potere socialista. Una strategia ambiziosa che sembra trovare consenso nell'elettorato. E infatti i risultati non mancano. Alle regionali (13,9%) e alle cantonali (12,4%) del 1992 il FN si installa definitivamente come forza politica nazionale: presenta candidati in quasi tutti i cantoni (1.868 su 1.945) e si propaga oltre i suoi bastioni di forza, tanto che solo in 29 dipartimenti su 96 è sotto il 10% (contro i 66 del 1988). E, questo nonostante la “quarantena repubblicana” adottata dalla destra classica. Al punto che, durante le presidenziali del 1995, Le Pen è il candidato che ottiene la percentuale più forte tra gli operai, ovvero oltre  il 29% dei consensi. Però la performance più straordinaria di Le Pen è alle presidenziali del 2002, quando, con il 16,8% al primo turno, guadagna l’accesso al secondo, estromettendo il Primo ministro socialista Lionel Jospin. La vicenda del FN si dipana, da allora, fra fortune (tra i quali gli ottimi risultati delle regionali e delle europee del 2004 e del referendum con cui, nel 2005, i francesi respingono l’adozione della Costituzione europea) alterne, a causa sia del sistema elettorale maggioritario che alla “quarantena repubblicana” e all’emergere di Nicolas Sarkozy, fino al Congresso di Tours del 15 e 16 gennaio con cui Marine Le Pen, figlia del presidente, accede ufficialmente alla leadership del partito. La nuova leader frontista dà al partito un volto di nuova destra sociale e, soprattutto, più attuale: critico verso l’Unione Europea e, particolarmente, contro l’Euro; contrario al neoliberismo; convinto della necessità d’arginare le spinte della globalizzazione economica e finanziaria; assertore della nazionalizzazione dei settori strategici dell’economia; avversario del fondamentalismo islamico e dell’immigrazione incontrollata. Un’attualità questa del Front che spiega (dopo il clamoroso 17.9% alle presidenziali del 2012 e il terzo piazzamento di Marine Le Pen) la “primavera elettorale” del 2014, con i successi delle municipali di marzo e delle europee di maggio. Perciò, il FN è, alla fine, senz’altro uno dei casi più riusciti di ascesa politica del dopoguerra. Salvo qualche clamoroso passo falso, l’influenza del maggior partito di destra sociale europeo è quindi destinata a durare ancora.
Articolo di GINO SALVI

Bibliografia

Hans-Georg Betz, Radical Right-Wing Populism in Western Europe, New York, St. Martin's press, 1994

Sara Gentile, Il populismo nelle democrazie contemporanee. Il caso del Front National di Jean Marie Le Pen, Milano, F. Angeli, 2008

James Shields, The extreme right in France. From Pétain to Le Pen, Londrà, Routledge, 2007

Matteo Luca Andriola, La Nuova Destra in Europa. Il populismo e il pensiero di Alain de Benoist, Milano, Edizioni Paginauno, 2014

Nicola Genga, Il Front National da Jean-Marie a Marine Le Pen. La destra nazional-populista in Francia, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2015

Thierry Bouclier, Les Années Poujade: une histoire du poujadisme (1953-1958), Editions Remi Perrin, 2006

Bernard Antony, Devoir de réponse à Marine Le Pen et à Philippe de Villiers, Godefroy de Bouillon, 2006

Christiane Chombeau, Le Pen fille & père, éditions du Panama, 2007

Laszlo Liszkai, Marine Le Pen. Un nouveau Front National ?, Favre, 2010

Alexander J. Motyl, Enciclopedia del Nazionalismo, vol. 2, 2001

 

Nessun commento:

Posta un commento