Dall’ Algérie française all’antiglobalismo
Il Front National francese.
Del Front National il grande pubblico italiano in realtà sa poco o
nulla. Chi sono e cosa vogliono? Sono
antieuropeisti e chiedono meno immigrazione. Ma danno voce a un ceto medio
declassato e ad una classe operaia impaurita che non si sente protetta dai
governi. Temuto, demonizzato e ostracizzato, non sarà
inutile, allora, tracciare la storia del
Front National (FN) a partire dalla fondazione del movimento che è
l’organizzazione di riferimento della destra sociale francese da oltre
quarant’anni. Innanzitutto devo premettere che le radici “lontane” del Front
National affondano nei Cercle Proudhon, che s’ispiravano al sindacalismo
rivoluzionario di Georges Sorel (1847 – 1922), nel Parti Populaire Français di
Jacques Doriot (1898 – 1945) e nel Rassemblement National Populaire di Marcel
Déat (1894 – 1955), da un lato, nella Repubblica di Vichy, dall’altro. Mentre
per quel che concerne le radici “prossime” esse partono dalla candidatura di Jean-Louis Tixier
Vignancour (1907 – 1989), alle presidenziali del 1965. Tixier Vignancour era
stato l’avvocato difensore del generale ribelle Raoul Salan (1899 – 1984)
dell’OAS, ossia dell’Organisation de
l'armée secrète, e, cioè, l’organizzazione clandestina il cui slogan era
“L'Algérie française” e che si oppose all’indipendenza del paese
nordafricano. Nonostante l’insuccesso
elettorale di Tixier Vignancour, i cui consensi arrivarono soltanto al 5,2 %,
venne gettato un seme che germogliò sette anni dopo. Infatti, il 5 ottobre del
1972 nasce il Front National su iniziativa dei dirigenti di Ordre Nouveau, formazione
nazionalista – rivoluzionaria nata nel ’69 come filiazione di Jeune Nation e
Occident, movimenti sciolti dal Ministero dell’Interno per ragioni di ordine
pubblico.perciò, ON, che al suo apogeo conta 5000, dal 1971 opta per la partecipazione
elettorale. Il risultato deludente delle municipali parigine di quell’anno
induce ad un ripensamento strategico e, nel biennio successivo, si
intensificano i contatti con le altre componenti della destra radicale (i nazionalisti
antiatlantici nell’orbita del mensile “Militant” e del Parti de l’Unité
française, i conservatori cattolici e i reduci di Vichy e dell’Algeria). L’obiettivo è
il varo di una federazione che, a partire, dalle legislative del 1973 emuli i
successi del Movimento Sociale Italiano, che, proprio nel maggio di quell’anno
aveva ottenuto il suo maggior risultato elettorale di sempre, con l’8,7% alla
Camera e il 9,2% al Senato. E, sempre dall’MSI italiano venne mutuata la fiamma
tricolore quale simbolo del movimento. Alla presidenza del FN viene scelto, nel
dicembre del ’71, Jean-Marie Le Pen. Ritiratosi dalla vita politica e
considerato dai dirigenti di ON un moderato e un legalista, la designazione di
Le Pen nonostante la sua indubbia appartenenza al mondo della destra radicale
(poujadismo, antigollismo, tixierismo e frequentazione del Centre National des
Indépedendants e Paysans) avviene nell’ottica del compattamento della destra
nazionale francese. Le Pen viene affiancato
da un vice presidente (François Brigneau) e da un segretario generale (Alain
Robert), appartenenti a ON, oltre che Pierre Bousquet, nominato tesoriere. Nel
’73, in seguito al fallimento del FN alle legislative del 4 marzo (o,52% dei
voti, presentando 115 candidati, la metà dei quali nella regione parigina)
fuoriesce la componente di ON che continuerà ad esistere fino allo
scioglimento, decretato dal Consiglio de ministri il 24 giugno per ragioni di
ordine pubblico. Questa defezione causò nel FN la rottura dell’esperienza
collegiale di ON e prese quota un’impronta presidenziale. Nonostante ciò la
figura di Le Pen non riuscì ad attrarre l’elettore medio (0,74%) alle
presidenziali del 1974 (candidatura, quella di Le Pen, sostenuta soltanto dal
settimanale pétainista “Rivarol” e dai “Cahiers européens” dell’esponente
nazionalista rivoluzionario François Duprat). Duprat (1940 – 1978) è uno storico e intellettuale militante nazionalista – rivoluzionaria che
ha avuto un ruolo cruciale nei primi anni del FN essendo stato l’estensore, nel
’71, del manifesto Pour un FN e,
poi, l’artefice del programma. Alla
frammentazione dell’area politica contribuiscono anche la candidatura del
monarchico Bertrand Renouvin, di Jean Royer alle presidenziali del ’74, e
l’appoggio del periodico “Minute” e degli ex di ON a Valéry Giscard d’Estaing. Mentre,
nello stesso periodo, il Parti des forces nouvelles (PFN), iniziativa
elettorale dei reduci di ON, ingaggia con un FN debole, diviso, indebitato e
privo di ampia militanza, una gara di visibilità. E, la prima affermazione della presidenza di Le Pen,
insidiata dalle ambizioni di Alain Robert (ON), avviene non in un passaggio
congressuale e in virtù del carisma dell’acclamazione, ma attraverso un contenzioso giudiziario sull’uso del nome e del simbolo. Inoltre quattro
elezioni si risolvono in un fallimento: dalle legislative del 1978 (0,33% dei
voti) alle europee del ’79, alle presidenziali dell’81 e, infine, alle
legislative dell’81. Era andata, alle legislative del ’78, leggermente meglio a
Le Pen che, nel quinto collegio parigino, ottenne un 3,9% comunque inutile ai
fini dell’elezione. Contemporaneamente si verificano, il 18 marzo del ’78, la
morte violenta e mai chiarita di Duprat, a cui segue un’emorragia di militanti
che Le Pen non riesce a tamponare, e l’ascesa ai vertici di Jean Pierre Stirbois, leader
dei gruppo dei “solidaristi”. Dunque, il
FN, fino al 1984, non va mai oltre lo 0,74% dei voti su scala nazionale. E, in
generale, la destra radicale riesce a varcare la soglia dell’1% in un unico
caso: alle
europee del ’79, quando l’Union Française pour l’Euro – droite, rappresentata
da Tixier Vignancour e sostenuta dai rivali del Parti des forces nouvelles, ottiene
l’1,3%. Il cartello elettorale della destra radicale realizza, quindi, un
leggero progresso rispetto alle performance abituali dell’area politica. La
parabola discendente è, poi, confermata quando, nel 1981, Le Pen non riesce ad
ottenere le 500 firme per il patrocinio della candidatura alle presidenziali e
dal magro bottino dello 0,18% alle legislative. Anche se una prima, lieve
inversione di tendenza si era verificata alle cantonali del ’79, quando Jean Pierre Stirbois
raccoglie a Dreux il 10%. Questo dato è confermato alle cantonali dell’82, quando,
a Dreaux – Ovest, Stirbois raccoglie il 12,6% dei suffragi, mentre a Dreaux –
Est la coniuge Marie – France raccoglie il 9,6%. Questa lieve inversione di
tendenza prosegue alle municipali del marzo ’83. In alcune città, i candidati
frontisti erano entrati in liste civiche e alcune alleanze con la destra
moderata erano valse il 5% in una ventina di centri con più di 9.000 abitanti. Altro
risultato degno di nota è l’elezione di Le Pen a consigliere nel ventesimo arrondissement parigino, grazie
all’11,3% de voti. E, a proposito di Le Pen, parallelamente a questa creascita,
comincia, all’interno del movimento, quella riorganizzazione che consoliderà,
nel tempo, le centralità della presidenza di Le Pen. Riorganizzazione che, a
ben vedere, era già iniziata dopo le defezione della componente di ON. Quando
il presidente, praticamente inamovibile per statuto, era stato posto sulla
sommità di una struttura ipercentralizzata che, nel nome delle procedure e
degli organismi (Congrés, Comité Central, Bureau Politique), ricalcava quella del MSI italiano. Il circolo
virtuoso per il FN inizia nel 1983 quando, ancora a Dreux, il 4 settembre, la
lista del FN, guidata da Stirbois, ottiene il 16,7% al primo turno delle
municipali. Stirbois, che ha condotto una campagna dai forti accenti anti –
immigrazione, raggiunge una accordo con la destra gollista e liberale dell’RPR
e dell’UDF. Per cui, l’11 settembre la coalizione di destra sconfigge il
sindaco uscente Fraçoise Gaspard. Altri due risultati indubbiamente salienti
sono quelli di Aulnay – sous – Bois, il 6 novembre, in occasione di una
municipale suppletiva e quello della legislativa suppletiva di Auray, l’11
dicembre. Mentre, a distanza di sei mesi, si verifica il primo risultato
significativo su scala nazionale. Alle europee del 17 giugno 1984, la lista Front d’opposition nationale pour l’Europe
des patries ottiene oltre due milioni di voti che le valgono l’11% dei
suffragi e 10 seggi. Questo innegabile balzo in avanti è dovuto alla comparsa
di nuovi temi elettorali quali il lancio, nel giugno 1982, da parte
dell’esecutivo socialista, del primo piano di austerità che aveva comportato il
blocco dei salari; l’immigrazione el’insicurezza. In particolare dopo le
europee del giugno 1984, il FN prende pienamente in carico il problema
dell’immigrazione. Temi che conquistano la centralità nel dibattito pubblico presso
la destra moderata ma anche tra i socialisti (il 5 settembre 1984, il Primo
ministro socialista Laurent Fabius dichiara, su Antenne 2, che “Le Pen dà
cattive risposte a buone domande” ) e, persino, nei comunisti. E, in particolare,
si pensi all’equazione immigrazione – insicurezza. Sempre, nell’84, il 13
febbraio si ha la consacrazione carismatica di Le Pen, in occasione della sua
partecipazione all’Heure de vérité,
trasmissione serale di Antenne 2. Parallelamente, cresce il radicamento
territoriale del FN. A partire dal caso di Dreux, laddove i coniugi Stirbois
sono lentamente riusciti a costruire una posizione elettorale, attraverso un
intenso lavoro di radicamento ed uno sforzo di mobilitazione. Grazie a questo
legame con il territorio, nel 1989, Marie – France Stirbois prevarrà con il
61,3% ad una legislativa suppletiva. Aggiudicandosi un seggio parlamentare in
una competizione uninominale, compie un’impresa che, nella storia del FN, è
stata eguagliata solo da Yann Piat (1988), Jean – Marie Le Chevallier (1997),
Marion Maréchal – Le Pen e Gilbert Collard (2012). Tra l’altro nell’evento del
16,7% raccolto da Stirbois nelle municipali suppletive del 1983, c’è un dato
politico originale: al secondo turno, il FN stringe un accordo on la destra
moderata – liberale RPR/UDF e ottiene così sette consiglieri ed entra nella
giunta municipale. Successivamente, alle elezioni cantonali del 1985, il FN
dimostra di non essere il frutto di una protesta passeggera, apre le liste a
personaggi esterni ed a militanti insoddisfatti dell’RPR e dell’UDF,
presentando candidati in ben 1521 cantoni e su 2044 e l’esito è positivo: 8,8%.
La stessa politica di apertura delle
liste viene riproposta per le legislative del 1986 e il FN invierà 35 deputati
all’Assemblea nazionale, grazie al sistema proporzionale. E, nel contempo, la
“coabitazione” del governo gollista di Jacques Chirac con il presidente
socialista François Mitterrand consente al Fn di presentarsi come unica vera
opposizione non solo ai socialisti e ai comunisti ma, anche alla destra
moderata e liberale. A partire da quel momento il FN enfatizza il proprio ruolo
di partito di protesta. Una strategia che
consente a Le Pen di arrivare al massimo storico in occasione delle
presidenziali del 1988 quando ottiene il 14,4% e in 124 circoscrizioni su 555
Le Pen supera i candidati della destra moderata e liberale (Chirac e Raymond
Barre). Perciò, il potenziale
elettorale frontista diventa essenziale per la destra moderata e liberale .
Infatti, alle legislative del mese successivo (questa volta di nuovo con il
tradizionale sistema maggioritario a doppio turno), pur arretrando sensibilmente
rispetto alle presidenziali (9,5%: -4,9%), soprattutto a causa dell'elevato
astensionismo, la majorité realizza un accordo con il FN. Nella regione marsigliese, dove il FN è particolarmente
forte, i moderati e liberali ritirano i propri candidati in 8 circoscrizioni a favore del
candidato del FN e il Front ricambia in altre 8. Questo accordo, il primo alla
luce del sole dopo Dreux, rappresenta una vittoria politica per il FN:
finalmente è stato accettato, apertis verbis, dalla destr moderata e liberale ed
ha ottenuto una legittimità come potenziale partito di governo, cosa che Le Pen
ricercava fin dal primo programma elettorale del 1973. È però una vittoria di Pirro perché solo in un caso viene eletto un
parlamentare frontista. Gli elettori moderati si rifiutano, infatti, di sostenere un candidato frontista, mentre gli
elettori frontisti si rivelano molto disciplinati. Le elezioni presidenziali
del 1988 rappresentano uno degli apogei delle fortune elettorali del FN. La
capacità di attrazione sull'elettorato gollista, nazionalista e conservatore, infastidito dalle aperture
di Chirac sia sul piano interno (modernizzazione e liberalizzazione) che su
quello internazionale (europeizzazione e inefficace difesa del prestigio della
Francia) sembrano garantire al Front un
ruolo sempre più rilevante nel sistema partitico francese. Inoltre il FN
procede nella sua marcia verso la “nazionalizzazione del consenso”, cioè una
diffusione dei suffragi omogenea sul territorio nazionale, e il radicamento
organizzativo. A proposito di quest’ultimo, si deve accennare al compimento
della riorganizzazione del partito nel 1988 che incardina i comitati elettorali
dipartimentali in una struttura politica gestita in modo verticistico. Per cui
alle elezioni municipali del 1989 il FN riesce ad essere presente in 143 città sulle 219 sopra i 30.000 abitanti, in 214
sulle 390 tra 20 e 30.000 e in 306 sulle circa 900 tra 2.000 e 9.000. Il
risultato delle urne permette al FN di impiantarsi localmente: dai 211
consiglieri eletti nel 1983 passa a più di 1.000. E, soprattutto, questa volta
il Front ha corso da solo contro tutti, senza stringere nessun accordo. Un
passaggio importante nelle vicende del Fn è il congresso di Nizza (1990). Per la
prima volta si tiene un Congresso per delegati (benché aperto anche a molti militanti),
con una partecipazione molto estesa (circa 1600 persone); ma soprattutto viene
lanciata una nuova strategia, ben più ambiziosa di quelle precedenti: solo il Front si erge come
contraltare al potere socialista. Una strategia ambiziosa che sembra trovare
consenso nell'elettorato. E infatti i risultati non mancano. Alle regionali
(13,9%) e alle cantonali (12,4%) del 1992 il FN si installa definitivamente
come forza politica nazionale: presenta candidati in quasi tutti i
cantoni (1.868 su 1.945) e si propaga oltre i suoi bastioni di forza, tanto che
solo in 29 dipartimenti su 96 è sotto il 10% (contro i 66 del 1988). E, questo
nonostante la “quarantena repubblicana” adottata dalla destra classica. Al
punto che, durante le presidenziali del 1995, Le Pen è il candidato che ottiene
la percentuale più forte tra gli operai, ovvero oltre il 29% dei consensi. Però la performance più
straordinaria di Le Pen è alle presidenziali del 2002, quando, con il 16,8% al
primo turno, guadagna l’accesso al secondo, estromettendo il Primo ministro
socialista Lionel Jospin. La vicenda del FN si dipana, da allora, fra fortune
(tra i quali gli ottimi risultati delle regionali e delle europee del 2004 e
del referendum con cui, nel 2005, i francesi respingono l’adozione della
Costituzione europea) alterne, a causa sia del sistema elettorale maggioritario
che alla “quarantena repubblicana” e all’emergere di Nicolas Sarkozy, fino al
Congresso di Tours del 15 e 16 gennaio con cui Marine Le Pen, figlia del
presidente, accede ufficialmente alla leadership del partito. La nuova leader
frontista dà al partito un volto di nuova destra sociale e, soprattutto, più
attuale: critico verso l’Unione Europea e, particolarmente, contro l’Euro;
contrario al neoliberismo; convinto della necessità d’arginare le spinte della
globalizzazione economica e finanziaria; assertore della nazionalizzazione dei
settori strategici dell’economia; avversario del fondamentalismo islamico e
dell’immigrazione incontrollata. Un’attualità questa
del Front che spiega (dopo il clamoroso 17.9%
alle presidenziali del 2012 e il terzo piazzamento di Marine Le Pen) la “primavera elettorale”
del 2014, con i successi delle municipali di marzo e delle europee di maggio.
Perciò, il FN è, alla fine, senz’altro uno dei casi più riusciti di
ascesa politica del dopoguerra. Salvo qualche clamoroso passo falso,
l’influenza del maggior partito di destra sociale europeo è quindi destinata a
durare ancora.
Articolo di GINO SALVI
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